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martedì 28 ottobre 2014

La zucca di Halloween

Uno dei ricordi più belli che ho del mio soggiorno come exchange student negli Stati Uniti è quello di quando la mia famiglia ospitante mi insegnò a intagliare la zucca per Halloween.

Quest'anno la zucca l'ho intagliata con Edo ed è stato bellissimo.
Vicini, attorno al tavolo, impegnati a scegliere la forma più adatta per gli occhi, il numero giusto di denti... 
Un momento di complicità che non appena abbiamo acceso la candela all'interno della zucca si è trasformato in magia.




Qui trovate 150 idee a cui ispirarvi per decorare le zucche; anche senza bisogno d'intagliare!

martedì 7 ottobre 2014

Gli apparecchi acustici

I medici ci hanno sempre detto che, prima o poi, Edo avrebbe avuto bisogno degli apparecchi acustici.
La sua ipoacusia è sempre stata un mistero: dato che il suo linguaggio è perfetto i dottori non si capacitavano dei risultati degli esami acustici.
A giugno però, in occasione del periodico controllo, è arrivata la fatidica notizia: l'otorino ci ha detto che non si poteva più aspettare, c'era stata una nuova perdita d'udito e gli apparecchi diventavano indispensabili.
Non avevo mai visto mio figlio così in preda allo sconforto...
Ha incominciato a piangere e ha sfogato la sua rabbia su di me tirandomi pugni sulle gambe.
Era incontenibile.
Quando sono riuscita a calmarlo gli ho chiesto perché lo spaventassero tanto gli apparecchi, se si trattasse di una questione estetica, se avesse paura di essere preso in giro.
Mi ha risposto che lui è nato così ed ha imparato a conviverci, che vuole farcela con le sue forze, non vuole qualcosa di artificiale che faccia le cose al posto suo.
Ho capito che per lui era una sconfitta.
Non gli importava cosa avrebbero pensato gli altri o se gli apparecchi si sarebbero visti; gli interessava solo che questa volta da solo non ce l'avrebbe fatta.
Per otto anni gli ho insegnato a non arrendersi davanti a niente, l'ho spronato dicendogli che con le sue mani, se lo avesse voluto e si fosse sforzato, sarebbe riuscito a fare ogni cosa e poi improvvisamente mi sono ritrovata a dirgli che da solo non ce l'avrebbe fatta a superare questa difficoltà.

Fargli "digerire la novità" è stato difficilissimo.
È stato un percorso lungo e faticoso, fatto di pianti, urla, "non voglio", "perché?"...
Ho passato notti insonni a pensare a come convincere Edo a portare gli apparecchi, a scegliere le parole giuste, a dosare dolcezza e pugno duro senza ottenere nessun risultato.

Poi quest'estate ho letto "Wonder" di R.J. Palacio; un libro bellissimo che mi ha toccata profondamente.
Ho avuto l'impressione che alcune parti del libro fossero state scritte per Edo.
Ho deciso di provare a condividere con Edo la lettura di alcuni brani che narrano proprio la reazione del protagonista, August, quando deve mettere gli apparecchi acustici.
Mi è bastato leggergli poche pagine per ottenere il beneficio del dubbio e strappargli la promessa che sì, li avrebbe almeno provati i malefici apparecchi...

A settembre Edo ha messo gli apparecchi.
Prima di entrare al centro di applicazione mi ha ricordato che lui non mi prometteva niente, si sarebbe limitato a provarli...
Non li ha più voluti togliere.
"Mamma non immaginavo che ci fosse tanta differenza! Aveva proprio ragione August!"
Ora Edo sta scoprendo un mondo nuovo fatto di tazzine che sbattono al bar, moto rumorose, clacson, scale meccaniche...
Non avevo idea che si stesse perdendo tanto.

Questo è il meraviglioso libro



E questi i brani in questione:

Sin da quando ero piccolo, i dottori hanno detto ai miei genitori che, un giorno o l'altro, avrei avuto bisogno di apparecchi acustici. Non so perché questa cosa mi ha sempre un po' spaventato [...]
Il mio udito stava peggiorando, ma non l'avevo detto a nessuno. Il rimbombo dell'oceano che sentivo dentro la testa aveva preso il sopravvento. Stava soffocando le voci delle persone, come fossi sott'acqua . Se ero seduto in uno degli ultimi banchi, non sentivo gli insegnanti. Ma mi era chiaro che se ne avessi parlato con papà e mamma, avrei finito con il dover portare gli apparecchi acustici [...]
Poi, però, nel mio controllo annuale di ottobre, al test audiologico ho fatto cilecca e il dottore se ne è uscito con un "È giunto il momento, amico". E mi ha mandato da un otorino, che mi ha preso delle impronte delle orecchie.[..]
Quando l'otorino ha tirato fuori per la prima volta gli apparecchi acustici per farli vedere a me e alla mamma, mi è uscito un gemito. "Io quegli affari non me li metto"[...]

"Non posso mettermeli, mamma" ho piagnucolato.
"Ma non si vedranno quasi" ha detto la mamma, con finta allegria [...]
"Devo davvero portare questi affari, mamma?" ho detto cercando di non piangere. "Li odio. E non servono a niente!"
"Ehi , dagli almeno un secondo, ragazzo" è intervenuto il dottore. "Non li ho nemmeno ancora accesi. aspetta di sentire la differenza: vedrai che sarai tu a volerli mettere".
"No che non vorrò!"
E dopo li ha accesi.

Come posso descrivere che cosa ho sentito quando il dottore ha acceso gli auricolari? O quello che non ho sentito, dovrei forse dire...Troppo difficile farsi venire in mente le parole. Per farla breve, non avevo più l'oceano dentro alla testa. Sparito. Riuscivo a sentire i suoni come se fossero luci che mi brillavano dentro al cervello. Era come quando ti trovi in una stanza in cui uno di quei faretti a soffitto non funzionano, ma tu non ti rendi conto di quanto è buio finché qualcuno  non cambia la lampadina e allora hai la sensazione che, uau, è così luminoso qui! Non so se esista una parola che abbia lo stesso significato di "luminoso" in termini di udito, ma vorrei conoscerne una, perché le mie orecchie ci sentivano luminosamente, adesso.
"Come ci senti, Auggie?" ha detto l'otorino. "Riesci a sentirmi bene, ragazzo?"
L'ho guardato e ho sorriso, ma non ho risposto.

"Senti qualcosa di diverso, tesoro?" ha detto la mamma.
"Non c'è bisogno che urli mamma" ho annuito felice.
"Ci senti meglio?" mi ha chiesto l'otorino.
"Non sento più nessun rumore" ho risposto. "È così tranquillo qui dentro!"
"Il rumore di sottofondo è sparito" ha confermato lui, annuendo. Mi ha guardato e mi ha strizzato l'occhio. "Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto quello che avresti sentito, August"[...]

Col senno di poi, non so perché fossi così stressato all'idea. È buffo come a volte ci si preoccupi un sacco per qualcosa che poi si rivela non essere niente.
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